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Pablito, la nostalgia che sa di felicità

Ci sono momenti in cui per una fortunata congiunzione astrale tutto sembra realizzarsi per come lo desideriamo, ogni cosa va al suo posto, ogni minimo dettaglio di quello che accade ci rende felici. E quando questo miracolo è collettivo allora il sogno appartiene alla memoria di tutti. È quello che accadde in quel luglio del 1982 con i Mondiali di Spagna, a me adolescente e all’Italia che veniva da anni duri di sangue e austerità. Gli ingredienti di quella pozione magica li abbiamo nel cuore: le maglie azzurre mai così belle nella loro semplicità; le paterne presenze di Pertini e Bearzot; la sicurezza di Zoff, le magie di Bruno Conti; la ferocia di Gentile; l’urlo di Tardelli; i baffi di Bergomi; il coraggio di Graziani che non voleva arrendersi al dolore; la voce inconfondibile di Martellini. A questa meravigliosa miscellanea ognuno di noi lega uno o diversi ricordi. Io, ad esempio, ricordo la corsa verso il mare di Diamante, assieme agli amici, ai vacanzieri impazziti di felicità e il tuffarsi vestiti, ubriachi di gioia e avvolti nel tricolore. Paolo Rossi incarnò tutto questo, con il nome più comune, la faccia da bravo ragazzo della porta accanto, il fidanzato ideale di ogni figlia, il centravanti che fa quello che ogni centravanti dovrebbe fare: buttare la palla rete in un modo o in un altro e nei momenti decisivi. Ci identificammo tutti in lui e adesso che, purtroppo, se ne è andato a soli 64 anni, voglio ricordarlo con la serenità e il garbo che si leggevano sul suo volto, il sorriso di chi ha avuto tanto dalla vita ma con la consapevolezza e l’umiltà di aver dovuto lottare, cadere e poi rialzarsi per conquistare un sogno destinato a pochi. Un po’ come l’Italia, di cui Rossi divenne il simbolo in quella sfolgorante estate. Questo 2020 vuole cancellare la nostra memoria e i suoi protagonisti, ma non ci riuscirà. Scriveva Francis Scott Fitzgerald nel suo “Il grande Gatsby”: «Così continuiamo a remare, barche contro corrente, risospinti senza posa nel passato» e quel passato non è solo nostalgia ma è anche felicità se ha il sorriso dolce e le braccia alzate al cielo di Paolo Rossi dopo un gol. Grazie Pablito !

Pablito, la nostalgia che sa di felicitàultima modifica: 2020-12-21T00:36:03+01:00da pippogallelli
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