Il Natale è la festa che più si avvicina al concetto di bellezza. Si illumina il cuore che nell’attesa e colmo di speranza e torna bambino. Si illuminano, scintillanti, le strade e le case di tutti noi. Sarà un Natale diverso quello che ci attende, ce lo stiamo dicendo in tutti i modi. Nella sua tragicità, la pandemia ci offre un’altra occasione di cambiamento, ci dà la possibilità di ritrovare l’essenza delle cose. In fondo cosa vi è di più umile, e nel contempo grandioso, di un bambino che nasce in una misera stalla. Che si sia credenti o no, i secoli ci hanno preservato la profonda bellezza dei gesti compiuti in quella notte. La nascita, l’amore, la gratuità e la solidarietà. Li abbiamo dimenticati con il tempo e oggi non facciamo altro che parlarci uno sull’altro e pretendere i nostri presunti diritti da animali da consumo; dimenticando, ad esempio, che a causa della pandemia ogni giorno stanno morendo tante persone, vittime di un nemico invisibile e feroce e che ora più che mai il destino di ognuno di noi è legato a quello degli altri. Abbiamo qualche giorno per rifletterci, lo dico anche me stesso, quest’anno sforziamoci di riempire il Natale di gesti essenziali e di sobrietà avremo poi tempo di sciare, consumare e festeggiare. Papa Francesco ha detto: “Se vogliamo festeggiare il vero Natale, contempliamo questo segno: la semplicità fragile di un piccolo neonato. Lì sta Dio”. E se posso, permettimi di aggiungere un Natale più semplice può anche rivelarsi il Natale più bello degli altri.
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